
Partiamo da questo: provate a pensare per un attimo al vostro ombrello. Sì, proprio quello: quell’oggetto talvolta trascurato, dimenticato nei corridoi dei mezzi di trasporto o nei ripostigli delle nostre case, che però si rivela indispensabile nelle giornate di pioggia. Ora immaginate di poter prenderne uno ogni volta che serve, senza doverlo possedere. Questa è la condivisione, un concetto semplice ma potente, che può cambiare profondamente il nostro modo di vivere e, in particolare, il nostro impatto sul pianeta.
Molto spesso associamo l’idea di successo e benessere con il possesso di oggetti: la nostra auto, il nostro smartphone, il nostro appartamento. Ma cosa succederebbe se cominciassimo a pensare in termini di utilizzo piuttosto che di proprietà? Questo cambiamento di prospettiva potrebbe aprire la porta a un futuro più sostenibile, in cui condividiamo risorse invece di possederle.
La condivisione come strumento di sostenibilità ambientale non è un’idea nuova.
Però è molto attuale. Si tratta infatti del principio alla base dell’economia della condivisione o sharing economy, un modello economico che privilegia l’accesso alle risorse rispetto alla loro proprietà. Servizi come Uber, Airbnb e BlaBlaCar ne sono esempi famosi. Questi servizi, grazie all’uso delle tecnologie digitali, mettono in contatto chi ha una risorsa con chi ne ha bisogno, rendendo il loro utilizzo più efficiente.
La condivisione può aiutarci a ridurre l’impatto ambientale in diversi modi. Prima di tutto, diminuisce la quantità di risorse naturali necessarie per produrre beni. Se tutti condividessimo un’auto, per esempio, non sarebbe necessario produrne una per ogni persona. Questo significa meno estrazione di materie prime, meno energia utilizzata per la produzione e meno rifiuti generati alla fine del ciclo di vita del bene.
In secondo luogo, la condivisione incoraggerebbe un utilizzo più responsabile delle risorse. Quando possediamo un oggetto, spesso lo utilizziamo in modo inefficiente: pensate alla vostra auto, che probabilmente rimane parcheggiata per la maggior parte del tempo. Se invece condividessimo le auto, saremmo incentivati a utilizzarle solo quando necessario, riducendo il consumo di carburante e le emissioni di gas serra.
Terzo, la condivisione può aiutarci a ridurre la nostra dipendenza da energie non rinnovabili. I servizi di sharing economy spesso si basano su tecnologie digitali che possono essere alimentate da energie rinnovabili. Inoltre, condividendo risorse come auto e biciclette, possiamo ridurre la nostra dipendenza dal petrolio.
Certo, la condivisione non è una panacea. Non tutte le risorse possono o devono essere condivise. Ci sono questioni di privacy, sicurezza e qualità che devono essere affrontate. Tuttavia, se ben gestita, la condivisione può offrire un potente strumento per ridurre il nostro impatto ambientale e costruire un futuro più sostenibile.
Economia del possesso ed economia di utilizzo dal punto di vista delle aziende
La transizione verso un’economia di utilizzo anziché un’economia del possesso rappresenta un cambio di paradigma non solo per i consumatori, ma anche per le aziende. Le organizzazioni che hanno tradizionalmente basato il proprio modello di business sulla vendita di prodotti stanno sperimentando la necessità, e spesso l’opportunità, di reinventarsi.
Le aziende che abbracciano il modello dell’economia di utilizzo possono aprire nuove fonti di reddito e avvicinarsi ai loro clienti in modi nuovi e significativi. Prendiamo, per esempio, le case automobilistiche. Sempre più produttori stanno realizzando che non vendono solo auto, ma mobilità. Questo ha portato alla nascita di servizi di car sharing direttamente gestiti dalle case automobilistiche, che offrono l’accesso a un’auto “quando serve“, invece di possederne una.
Inoltre, queste aziende stanno sperimentando un importante beneficio secondario: un legame più stretto con i loro clienti. In un modello di economia di utilizzo, l’interazione con il cliente non termina dopo l’acquisto; al contrario, è solo l’inizio. Questo consente alle aziende di costruire relazioni più durature e di comprendere meglio le esigenze dei loro clienti.
Ciò non significa che la transizione sia senza sfide.
Le aziende devono ripensare i loro modelli di business, le loro catene di fornitura, le loro strategie di marketing. Devono considerare nuovi rischi, come quelli legati alla gestione di un parco di prodotti condivisi. E soprattutto, devono essere pronte a un cambiamento culturale profondo. Ma le aziende che riusciranno a navigare in questo cambiamento potranno trovare nuove opportunità di crescita, contribuendo allo stesso tempo a costruire un futuro più sostenibile.
L’economia dell’utilizzo contro il problema della obsolescenza programmata
Nel contesto dell’economia del possesso, l’obsolescenza programmata – la pratica di progettare prodotti per durare meno tempo in modo da incentivare i consumatori a comprarne di nuovi – è una delle principali criticità. Questa pratica ha gravi conseguenze ambientali, poiché favorisce la produzione di rifiuti e il consumo di risorse. Ma come si colloca l’obsolescenza programmata nell’economia dell’utilizzo?
Una delle potenzialità più interessanti dell’economia dell’utilizzo è proprio quella di contrastare l’obsolescenza programmata. Se un’azienda fornisce un servizio, come il car sharing o il noleggio di attrezzature, ha interesse a mantenere gli oggetti in buone condizioni per il maggior tempo possibile. Le riparazioni e la manutenzione diventano quindi attività essenziali, poiché permettono di prolungare la vita dei prodotti e di ridurre i costi a lungo termine.
Inoltre, l’economia dell’utilizzo potrebbe incentivare la progettazione di prodotti più duraturi e facilmente riparabili. In un sistema di condivisione, un prodotto che si guasta facilmente o che non può essere riparato diventa un problema, poiché interrompe il servizio e genera costi aggiuntivi. Al contrario, un prodotto duraturo e riparabile migliora l’efficienza del servizio e riduce i costi nel lungo termine.
Tuttavia, è importante notare che l’economia dell’utilizzo non elimina automaticamente il problema dell’obsolescenza programmata. Le aziende potrebbero ancora essere tentate di progettare prodotti a vita breve per incentivare i consumatori a pagare per aggiornamenti o sostituzioni. Ecco perché è fondamentale che politiche e regolamentazioni incoraggino pratiche di progettazione sostenibile e contrastino l’obsolescenza programmata.
Le sfide ambientali che affrontiamo oggi richiedono soluzioni audaci e innovative.
La condivisione e l’economia dell’utilizzo rappresentano un importante cambiamento di paradigma che potrebbe aiutarci a ridurre il nostro impatto sul pianeta e a creare un futuro più sostenibile. Tuttavia, per realizzare questo potenziale, dobbiamo tutti fare la nostra parte.
Le aziende hanno il compito di reinventare i loro modelli di business, progettare prodotti più duraturi e resistere alla tentazione dell’obsolescenza programmata. Le istituzioni devono creare un quadro normativo che promuova la condivisione e la sostenibilità. E noi, come consumatori e cittadini, dobbiamo abbracciare il modello dell’economia dell’utilizzo e fare scelte consapevoli per ridurre il nostro impatto ambientale.
La strada verso un futuro più sostenibile non è facile, ma la meta vale la pena di essere perseguita. Ricordiamoci che ogni scelta che facciamo, ogni prodotto che condividiamo invece di possedere, è un passo in quella direzione. E, come in ogni lungo viaggio, ogni passo conta.
Foto di Markus Winkler su Unsplash